Tuesday, January 20, 2009

Come (non) cambia con Obama





Oggi 20 Gennaio 2009 il nuovo Presidente degli USA Barack Obama si insediera’ alla Casa Bianca. Come gia’ riportato in questo blog, le aspettative e le speranze in questa nuova figura sono enormi. I media di tutto il mondo sono concentrati nella sua persona come non mai, identificandolo come colui che si prendera’ sulle spalle gli oneri di uscire dalla crisi economica attuale che sta investendo tutto il globo. La fiducia e i consensi nei suoi confronti sono a dir poco ampi, ma le voci obbiettive e critiche non mancano, soprattutto dopo le nomine che hanno delineato il suo staff governativo. Una di queste e’ il giornalista Jeremy Scahill, impegnato da anni nella lotta per una vera giustizia, autodefinitosi come una voce fuori dal coro. Siamo andati a sentirlo in un dibattito che trattava la politica estera statunitense in relazione alle recenti cariche assegnate da Obama. Il quadro presentato e’ a dir poco allarmante. La continuita’ di intenti con la politica militaristico-colonialista dell’uscente amministrazione Bush e’ drammaticamente evidente, in contrapposizione alle tante belle parole spese in campagna elettorale. Nei video riassuntivi potete vedere come Scahill punti il dito su questi fatti recenti per poi allargarsi ad una visione piu’ generale dell’assetto politico degli USA, in cui i due grandi partiti portano avanti da anni la loro politica in comune accordo nei tavoli che contano, in totale sottomissione alle grandi Corporations. Quadro che rispecchia benissimo quanto sta accadendo anche in Italia, dove il bipolarismo sta portando alla fine della vera democrazia.

4 comments:

ciemp said...

Grazie Nicola Fiorenzo e Victoria per l'utile servizio. In effetti un pò tutti ci domandiamo quale potere avrà Obama e soprattutto che tipo di cambiamento vuole portare alla politica estera.
Menomale ci sono alcuni giornalisti che si "sganciano" dal treno in corsa e cercano di inquadrare la persona secondo le sue scelte che a quanto pare non lasciano presagire niente di positivo.
Ricordo con piacere il negozio di libri e -activist center- Bluestocking nel Lower East Side, nel quale ho trovato molto materiale per la mia tesi sulle fanzine americane.

Ci vediamo presto ragazzi!

filippo

Anonymous said...

mmmmhhhh!!!!
molto interessante, in effetti il discorso del giornalista non fa una piega. posso solo dire che Obama e` un po` costretto a giocare con le regole del gioco.
Speriamo e rallegramoci,per il momento,del fatto che anche un piccolo cambiamento o on lieve sterzo sulla rotta che hanno tenuto gli USA in questi 8 anni fa una grande differenza sia a livello poliutico mondiale che a livello ecologico ed economico.
Speriamo
Marco

Anonymous said...

Vorrei aggiungere un commento - Io ero nella Havana il 4 novembre e ti posso dire che la percezione che Obama e' piu' aperto al dialogo rappresenta una grande speranza per i Cubani che ho potuto conoscere meglio. Nei media dello stato, ho percepito che i Cubani sono gia' piu' disposti ad accogliere questo nuovo presidente e dialogare. Raul ha appena proposto uno scambio di prigionieri politici. La personalita' di un presidente e il suo carisma non sono fattori da sottovalutare (e.g. il disgelo fra Reagan e Gorbachev negli ultimi anni).

Obama pronuncio' nel suo discorso ieri che desidera che gli Stati Uniti sia un amico per tutte le nazioni e nemico di nessuno. Gia' questo semplice cambio di linguaggio avanzera' una percezione positiva degli stati uniti in America Latina.. e chissa' cosa ne verra' fuori? I'm hopeful of good things to come.

Molto interessante il blog e spero di tornarci piu' spesso.

Nic said...

Ascoltate questa intervista:
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=3010

Webster Tarpley è il principale propugnatore della teoria che vede Barack Obama come un prodotto di laboratorio, coltivato per lunghi anni dal gruppo politico di Zbigniew Brezinsky, e ora impostoci alla Casa Bianca con una sofisticata operazione di “marketing ideologico”, in cui la facciata del “cambiamento” serve solo a coprire una realtà di aggressione imperialista ancora peggiore di quella che abbiamo vissuto negli ultimi otto anni.

Sotto Obama – secondo Tarpley – l’America riporterà in auge quella politica di destabilizzazione globale il cui scopo ultimo è demolire una volta per tutte l’impero russo. Non potendo attaccarlo militarmente, questa strategia prevede inizialmente la frantumazione del Pakistan – alleato-chiave della Cina in Asia – e poi la riduzione dell’afflusso di petrolio africano verso la Cina, per obbligare quest’ultima a rivolgersi ai territori siberiani, alla ricerca di petrolio, trovandosi così in conflitto diretto con la Russia.

In questa intervista Tarpley spiega anche che la chiave di volta di tutta l’operazione è quella di riuscire a mettere l’Iran contro la Russia stessa, attraverso un’alleanza di cui farebbe le spese Israele, …

… che finirebbe per ritrovarsi fortemente ridimensionato sullo scacchiere medio-orientale.